Ripensando
ai simulatori di critica postmoderna, ai simulatori di poesia eccetera,
mi chiedo quanto disti, tecnologicamente, un'applicazione che raccolga
ogni tuo intervento e commento in rete e processi tale accumulo non
soltanto da un punto di vista lessicografico, ma anche sintattico e
concettuale e quindi, aggiustando un adeguato insieme di pesi e soglie,
ti produca un simulatore (parametrico) del tuo "tipico" argomentare. Il trovarsi incapaci di riconoscere fra 100 articoli-fake prodotti da
tale simulatore una propria uscita "originale", suppongo ci assesterebbe
una sorta di "colpo di grazia", persuadendoci che quell'oscura
profondità dalla quale ci sembrano provenire le nostre stesse parole non
sia altro che una fata morgana determinata dall'opportuna
inaccessibilità alla coscienza dei processi psichici di base. Certo
sarebbe agghiacciante constatare che questo possa riuscire facendo uso
di una marionetta relativamente semplice. Ma moltiplicare la complessità
richiesta per 10, 1000 o un miliardo di miliardi, cambia forse
qualcosa, nell'essenza? La costernazione totale starebbe nel "riconoscersi" in un meccanismo
"afferrabile", dissolvendo inaspettatamente anche l'explanatory gap.
L'altro
giorno raccontavo ad un tizio, con piglio divertito, le stramberie di
un sogno che avevo appena vissuto: soltanto che lo facevo all'interno di
un altro sogno, e non lo sospettavo minimamente. Ieri notte ancora
peggio: volevo uscire da un sogno riconosciuto come tale e non ci
riuscivo in alcun modo: mi sentivo come un fantasma che avverte voci
familiari ma non riesce a raggiungerle. Ad un certo
punto mi son sentito afferrare per le braccia ed ho gridato "sì così,
tirate forte adesso!!!" e, attraversando un bel po' di affanno, ne sono
riemerso. Al buio, allungo la mano verso il comodino per controllare
l'ora sul cellulare. Stimavo fossero le cinque ed invece era mezzanotte e
mezza. Re-inabissatomi nel sonno, ne sono emerso alla sveglia delle
sei, senza ulteriori fastidi. [Una
volta facevo colazione in cucina, era l'alba e fuori era ancora buio.
Mi affaccio alla finestra per vedere se ho l'auto parcheggiata sotto e
la vedo. Poi rientrato, mi viene un sospetto e guardo di nuovo: la trovo
in un altro posto. A quel punto mi dibatto disperatamente finché mi
sveglio.]